Disturbo dello spettro autistico: Eziologia, Prevalenza e Prognosi

Eziologia e Prevalenza

Attualmente, la causa del disturbo dello spettro autistico non risulta nota. Tuttavia, la letteratura scientifica concorda su un’eziopatogenesi di tipo multifattoriale a cui contribuiscono fattori genetici e ambientali. Il contributo dei fattori genetici nasce dall’osservazione della concordanza tra gemelli monozigoti che raggiunge tassi maggiori dell’80% (Ronald e Hoekstra, 2011; Spence, Sharifi e Wiznitzer, 2004). Tale concordanza rimanda a un’elevata ereditabilità genetica, ossia come insieme di fattori di rischio ambientali e interazione gene-ambiente (Corrales e Herbert, 2011), ma non come trasmissione mendeliana. Infatti, sebbene molto alti, i tassi di concordanza non raggiungono mai il 100% dei casi e le numerose indagini svolte alla ricerca di un singolo gene che causi il disturbo non sono riuscite a raggiungere tale scopo. L’architettura genetica del disturbo dello spettro autistico e complessa ed eterogenea: circa 1000 loci genetici sono stati associati al disturbo e molte delle varianti genetiche descritte presentano un alto grado di pleiotropia (ovvero un gene che influenza più di un singolo fenotipo) (Geschwind, 2011; Murdoch e State, 2013). Si delinea, quindi, un quadro estremamente complesso, dove è difficile, se non impossibile, rintracciare una singola causa scatenante. Inoltre, negli ultimi anni sempre maggiore attenzione è stata rivolta all’epigenetica, ovvero a tutto quell’insieme di cambiamenti intracellulari che incidono sul fenotipo (ovvero le caratteristiche manifestate da un organismo vivente), modificandolo senza, tuttavia, alterare il genotipo (ovvero l’insieme di tutti i geni che compongono il DNA).
Secondo un importante studio, i fattori genetici contribuiscono solo per il 50% allo sviluppo del disturbo dello spettro autistico, mentre il restante 50% sarebbe attribuibile a fattori ambientali (Sandin et al., 2014). I fattori ambientali non sono, in ogni caso, specifici e riguardano esposizioni a fattori teratogeni in epoca prenatale, complicazioni durante il momento del parto o postnatali (Sandin et al., 2014).
I dati epidemiologici evidenziano che negli ultimi anni si è assistito a un notevole aumento della prevalenza del disturbo dello spettro autistico e non sembra mostrare prevalenze geografiche e/o etniche, in quanto è stato osservato in tutte le popolazioni del mondo, di ogni razza o ambiente sociale; presenta, viceversa, una prevalenza di sesso, in quanto il rapporto M : F del disturbo di circa 4 : 1, con una stima di 1 bambino affetto su 59 (CDC, 2018). L’aumento della prevalenza
dell’autismo è stato oggetto di numerose indagini, tuttavia l’ipotesi più significativa attribuisce questo aumento a un miglioramento nell’identificazione del disturbo e delle tecniche utilizzate per giungere alla diagnosi (Lai et al., 2014).
Attualmente in Italia, non esiste un dato certo pubblicato mentre in passato i dati risalgono da rilevazioni di casi di autismo trattati dal sistema sanitario nazionale in Piemonte e in Emilia Romagna e si basano esclusivamente su sistemi informativi sanitari o scolastici (sistema informativo NPI.net, sistema ELEA).

Prognosi

Numerosi studi hanno dimostrato i notevoli benefici dell’identificazione precoce di questo disturbo in termini di miglioramenti sull’outcome sintomatologico (Dawson e Bernier, 2013; Cangialose e Allen, 2014). Indagare le differenti traiettorie di sviluppo del disturbo ha permesso di sostenere che l’intervento precoce sui bambini a rischio potrebbe incidere in maniera significativa sull’esito a lungo termine della sintomatologia. Infatti, si rischia molto quando un medico, intravedendo nel bambino un ritardo dello sviluppo che potrebbe in seguito far pensare all’autismo, rimanda una valutazione specialistica di mesi in mesi, sperando che quel bambino prima o poi recuperi da solo.
Per tale motivo, anche in attesa di una diagnosi, se intorno ai 2 anni esistono dubbi sullo sviluppo linguistico e relazionale del bambino è consigliabile un trattamento precoce. Sicuramente i trattamenti di tipo comportamentale e cognitivo comportamentale rappresentano la prima scelta tra le terapie per l’autismo e la ricerca ha fornito il supporto per alcuni modelli di intervento specifici: le linee guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico, diffuse dal Ministero della Salute nel 2011, forniscono un orientamento sugli interventi per cui sono disponibili prove scientifiche di valutazione di efficacia (Istituto superiore di Sanita, 2011). Nell’ipotesi che il bambino non fosse con un disturbo dello spettro autistico, un approccio cognitivo-comportamentale da parte di professionisti esperti avrà semplicemente incrementato o velocizzato degli apprendimenti che prima o poi si sarebbero verificati. Nel caso invece di una successiva diagnosi di autismo quell’intervento precoce cambierà in maniera significativa il futuro del bambino.

Bibliografia:

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