Disturbo dello spettro autistico: definizione e caratteristiche

Parent training nel disturbo dello spettro del’autismo

Il “Parent Training” nasce per aiutare i genitori dei bambini con comportamento distruttivo (disturbo oppositivo provocatorio / disturbo della condotta); infatti l’efficacia del parent training nel trattamento dei comportamenti distruttivi è supportato da decenni di ricerca (Dretzke et al 2009, Michelson et al. 2013), e i medici possono scegliere tra vari programmi strutturati tra cui:

  • Webster Stratton’s Incredible Years ( www.incredibleyears.com );
  • Kazdin Parent Training (Kazdin 2005);
  • Barkley’s Defiant Bambini (Barkley 2013);
  • Eyberg’s Parent–Child Interaction Therapy (McNeil and Hembree-Kigin 2011).

Al contrario, nel campo del disturbo dello spettro autistico (ASD), il termine “Parent Training” è associato a una varietà di trattamenti che possono o meno condividere caratteristiche comuni.
Questa ambiguità del termine, può essere dovuta alla complessità dell’ASD e alla grande varietà di obiettivi che si stabiliscono durante il percorso riabilitativo compresi i comportamenti problema, i deficit del linguaggio, della socializzazione, dell’imitazione, del gioco e delle abilità adattive. Quindi, l’uso di questo termine all’interno del disturbo dello spettro autistico richiede chiarimenti.
Uno studio del 2015 (Bearss et al., 2015) ha cercato di offrire una classificazione dei diversi tipi di trattamenti di Parent Training per i bambini con ASD.
Gli autori specificano che il Parent Training (PT) è uno specifico programma di intervento rivolto alla coppia genitoriale al fine di formare i genitori su conoscenze specifiche e tecniche comportamentali per far fronte alle esigenze e ai comportamenti problema del bambino. Gli interventi di PT non sono rivolti esclusivamente ai genitori con figli in età prescolare, ma anche ai caregiver di bambini in età scolare e adolescenziale.
Le problematiche comportamentali spesso connesse al disturbo dello spettro autistico, infatti, si manifestano in forme differenti a seconda dell’età del bambino. Per questo motivo i genitori dovrebbero essere costantemente seguiti e formati, al fine di poter padroneggiare gli strumenti adeguati per promuovere lo sviluppo e ottimizzare la qualità di vita del bambino e dell’intera famiglia durante il percorso di crescita.
All’interno delle terapie di PT per il disturbo dello spettro autistico, gli autori distinguono due tipologie di interventi, ossia i programmi di supporto per i genitori e la terapia mediata dai genitori (Bearss et al., 2015a; 2015b).

In generale, i programmi di supporto per i genitori sono degli interventi in cui il bambino trae dei benefici in maniera indiretta, ossia attraverso il sostegno che il terapeuta fornisce al genitore (Bearss et al., 2015a; 2015b).
Questi possono includere due tipologie di interventi:

  • La Psicoeducazione: questo programma implica solamente che il terapeuta fornisca al genitore informazioni circa una specifica problematica.
    Un buon programma di psico-educazione nell’autismo dovrebbe fornire informazioni di base:
    – sul disturbo dello spettro autistico, inclusa una revisione dei diversi termini utilizzati per definire questa condizione;
    – sulla prevalenza del disturbo;
    – sullo sviluppo e sul decorso del disturbo, al fine di aiutare i genitori a formulare delle aspettative realistiche sul futuro e sui progressi che si possono raggiungere;
    – su quali sono le preoccupazioni più frequenti che possono avere i genitori con un figlio affetto da autismo, per aiutarli a generare possibili soluzioni (ad esempio, identificare le persone vicine alla famiglia che possono essere di supporto o il possibile impatto che tale problema può avere su altri membri della famiglia, inclusi i fratelli);
    – sulle cause del disturbo, sulle terapie esistenti e su come si conduce una ricerca scientifica, al fine di fornire gli strumenti per identificare gli interventi che non sono supportati scientificamente;
    – sul dibattito riguardante i vaccini e le terapie alternative che vengono spesso usate per «curare» i bambini con disturbo dello spettro autistico;
    – sulla scuola.
  • Il Coordinamento delle Cure: questo programma mira a fornire delle conoscenze sui servizi che sono presenti sul territorio e su come iniziare un percorso terapeutico.
    Più specifici risultano, invece, i programmi di terapia mediata dai genitori, ossia interventi in cui il genitore è parte attiva nel cambiamento e il bambino beneficia del trattamento in maniera diretta (Bearss et al., 2015a; 2015b). La terapia mediata dai genitori include due programmi:
  • Interazione Mediata dai Genitori (PMI) per i Sintomi Principali: come, ad esempio, programmi rivolti al miglioramento dei deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale o dei comportamenti e degli interessi ristretti e stereotipati. Il PMI viene ulteriormente diviso in interventi
    primari (es. JASPER) e complementari (es. ESDM).
  • Intervento Mediato dai Genitori per i Comportamenti Problema: il focus di questi programmi sono i problemi comportamentali frequentemente associati al disturbo dello spettro autistico quali, ad esempio, l’aggressività, i disturbi del sonno o la selettività alimentare. In questi programmi, al genitore viene insegnato come mettere in pratica correttamente delle tecniche di intervento di matrice comportamentale, al fine di migliorare i comportamenti problema del bambino. Anche nell’intervento mediato dai genitori per i comportamenti problema si distinguono interventi primari (es. RUPP PT) e interventi complementari (es. Feeding Day Treatment) (Bearss et al., 2015a; 2015b).
Taxonomy of parent training in autism spectrum disorder

A sostegno di tale intervento, studi recenti di letteratura hanno dimostrato la fattibilità, validità ed efficacia del PT nel trattamento di bambini affetti da autismo e altre problematiche come, ad esempio, comportamenti problema: comportamenti distruttivi, aggressività, non adesione alle norme (Bearss et al., 2015a, 2015b; Postorino et al., 2017) o problemi legati al sonno (Johnson et al., 2013). Inoltre, se paragonato a interventi di tipo intensivo in cui il bambino effettua la terapia dalle 20 alle 30 ore settimanali, il PT risulta un approccio di interesse che può essere maggiormente accessibile alle famiglie poiché è un intervento limitato nel tempo (in genere varia dalle 10 alle 20 sedute) che viene effettuato in brevi sedute settimanali (in genere le sedute variano da 1 a 2 ore).
Il PT incoraggia il ruolo dei genitori come agenti attivi durante l’intervento poiché insegna loro strategie che servono a prevenire o a rispondere ai comportamenti problema dei figli durante i pasti. In linea con queste considerazioni, studi di letteratura hanno dimostrato che un intervento risulta maggiormente efficace quando i genitori sono coinvolti rispetto a quando l’intervento viene effettuato dal solo specialista. Infatti, insegnando ai genitori tecniche comportamentali, viene facilitato il mantenimento e la generalizzazione delle abilità che vengono insegnate al bambino. Il genitore ha così la possibilità di mettere in pratica le nuove competenze acquisite in un ambiente diverso dal setting di terapia (ad esempio, in setting di vita quotidiana, come la casa, il ristorante o in altri luoghi pubblici). In questo modo, essendo i genitori a spendere la maggior parte del tempo con il bambino, la quantità di intervento che il bambino riceve si intensifica se è il genitore stesso a mettere in atto le tecniche di intervento (Buschbacher, Fox e Clarke, 2004; Horner et al., 2002; Ingersoll e Dvortcsak, 2006). A favore del PT come modello di intervento, le ricerche dimostrano che quando i genitori sono coinvolti nell’intervento stesso viene migliorato il senso di benessere e di autoefficacia e si riduce lo stress genitoriale (Feldman e Werner, 2002; Koegel, Bimbela e Schreibman, 1996; Solomon et al., 2008; Symon, 2001).

Bibliografia

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